I luoghi del cuore (e di residenza) di Achille Campanile: in campagna, sì, ma dove?
di Rocco Della Corte
Achille Campanile visse gli ultimi anni della sua vita a Lariano. Anzi no, a Velletri. O forse a Lariano, vicino Velletri. Nei Castelli Romani, se Velletri e Lariano ne fanno parte? Ma Lariano non era una frazione di Velletri? Tra i luoghi del cuore che si contendono lo scrittore c’è la campagna tra la città veliterna e quella larianese, al di là delle mistificazioni e delle confusioni geografiche.
Festival di Sanremo 1955
Prima abitavamo a via del Babuino. Un inferno. Mia moglie, che è bergamasca, sognava gli spazi aperti e l'aria pura delle sue parti. Gaetano sognava di possedere un cavallo. Io, arrivato alla settantina, sognavo di andare in pensione, di non scrivere più. Tutti d'accordo di trasformarci in contadini. Avremmo fatto il vino, allevato galline e tacchini, coltivato alberi da frutta.
L’ambiente georgico, o bucolico che dir si voglia, più si addice allo scrittore che si rintana nella sua torre d’avorio. Ma Campanile pensa anche al riposo, oltre agli echi virgiliani, senza considerare la geografia e le questioni toponomastiche e topografiche. Contrada Arcioni è una località di confine: una strada che praticamente traccia il segno di distinzione tra il Comune di Velletri e quello di Lariano. In più, l’autonomia larianese divenne effettiva proprio in quegli anni (era il 1968) e fino a qualche mese prima dell’arrivo dello scrittore tutta Contrada Arcioni apparteneva al centro veliterno, come del resto i ventidue chilometri quadrati della frazione poi divenuta indipendente. Basterebbe sapere da quale parte della strada, se sponda Lariano o sponda Velletri, fosse ubicata la villa di Campanile. Ma se nelle biografie e nelle enciclopedia spesso non si specifica il luogo di nascita di un autore, figurarsi quello di una residenza, e per di più in questo caso così sfumata da fatti storici e coincidenze locali. Già dire che lo scrittore si trasferì ai Castelli Romani potrebbe indurre qualche critico ad obiettare sull’annosa e viva questione del cosiddetto “incastellamento” di Velletri, per alcuni mai ratificato, e di riflesso sarebbe esclusa anche Lariano. La linea sottile (quella del confine tra il neonato comune e la millenaria città, e quella della confusione tra i luoghi del cuore campaniliani) può risolversi con la dicitura, generica, del lusinghiero contenzioso ricordato dai biografi dello scrittore Silvio Moretti e Angelo Cannatà:
Come Omero era conteso fra undici città, a lui bastava essere conteso da due, appunto Velletri e Lariano.
La vita di campagna, comunque, fu tutt’altro che silenziosa: il popolamento radicale della strada che conduce sul Monte Artemisio (anch’esso diviso tra più Comuni) e il “da fare” che possedere un terreno implica impegnarono Campanile in uno stile di vita che effettivamente era un’altra cosa rispetto a quello cittadino, ma non di certo sognante e privo di faccende da sbrigare. Come si evince anche da alcuni filmati, la casa – ricca di arredi e di strumenti musicali – divenne un nuovo studio per lo scrittore che dal 1969 al 1977 non fu meno prolifico rispetto al periodo romano. Negli anni del “confino”, pardon, della vita al confine tra Velletri e Lariano, uscirono in serie: Manuale di conversazione (1973, Premio Viareggio), Gli asparagi e l’immortalità dell’anima (1974), Vite degli uomini illustri (1975), L’eroe (1976) solo per elencare i titoli principali.
Roma, 1968
Sì, in campagna è un'altra cosa, ma soltanto per l'aria pura e gli spazi aperti, come sognava Pinuccia. In fondo lei è la sola della famiglia ad aver realizzato i suoi sogni. Gaetano non ha mai avuto il suo cavallo, né io sono ancora andato in pensione. Continuo a scrivere come facevo in città, come ho sempre fatto da cinquant'anni in qua.
Le citazioni sono tratte dal sito internet www.campanile.it curato dai biografi e studiosi dello scrittore Angelo Cannatà e Silvio Moretti nonché dal figlio dell’autore, Gaetano Campanile.