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ultimo aggiornamento 28/06/2017

Achille Campanile, Juan Rodolfo Wilcock e altri: Velletri salotto letterario del Novecento

In campagna è un'altra cosa. C'è più gusto.

di Rocco Della Corte



Copertina Rizzoli
Achille Campanile e Juan Rodolfo Wilcock: uno scrittore e un poeta, un romano e un argentino, un umorista e un traduttore. Due nomi che non sembrano avere nulla in comune ad un primo impatto, ma hanno di uguale proprio il Comune – sia perdonato il gioco di parole “campaniliano” – di Velletri. Per evitare i “campanilismi” sarebbe opportuno precisare che Campanile abitava tra Velletri e Lariano, esattamente al confine, in contrada Arcioni. Juan Rodolfo Wilcock, che oltre ad essere un poeta fu anche critico letterario, saggista e intellettuale a trecentosessanta gradi – come del resto Achille Campanile – viveva invece nella campagna più interna e selvaggia di Colle Formica. I due si incrociarono per pochi mesi, poiché la famiglia Campanile si spostò tra Lariano e Velletri nel 1969, mentre l’argentino lasciò dopo dieci anni la città castellana poco dopo il 1970. Quest’arco di tempo non impedì ai due di incontrarsi, e c’è anche una testimonianza che rievoca quegli incontri – visti da un’ottica interna – tra due grandi nomi del Novecento. La signora Marisa Monteferri, dirimpettaia di Juan Rodolfo Wilcock, ricorda i contatti tra l’autore del Povero Piero e lo scrittore di Buenos Aires. “Wilcock – racconta Marisa Monteferri – si recò di sicuro a casa di Campanile. C’è, a tal proposito, la testimonianza di Sandro Bologna, che in quegli anni a cavallo tra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta lo accompagnava qualche volta in via Arcioni”. Velletri fu un centro di grande movimento culturale e intellettuale: grandi personaggi abitarono la città del Monte Artemisio, da Vittorio Gassman a Eduardo De Filippo, passando per Gianmaria Volonté, Ugo Tognazzi, Franco Nero, Andreina Pagnani. Ma oltre a chi decise di risiedere, perché In campagna è un’altra cosa. C’è più gusto, c’erano i “pellegrinaggi” di numerosi scrittori, letterati, registi e intellettuali che frequentavano questi mostri sacri della cultura italiana e internazionale.

Achille Campanile a Dall'Oglio
La vivacità è garantita dai nomi: De Filippo ospitava Monica Vitti, Michelangelo Antonioni, Alberto Sordi, Anna Magnani, Wilcock ospitava Elsa Morante, Alberto Moravia, Elio Pecora, Laura Betti, e anche Achille Campanile. “Tra i due – ricorda la Monteferri, che all’epoca era giovanissima – c’era un amichevole rapporto di stima reciproca. Wilcock adorava l’umorismo di Ennio Flaiano, con cui ebbe una bella amicizia, e trovò in Campanile una vena umoristica sottile e piacevole come del resto egli stesso. Per Juan Rodolfo Velletri era proprio un salotto letterario nel quale ospitare i grandi personaggi del Novecento”. Riguardo Achille Campanile, la Monteferri confessa un rimpianto: “Sono sempre stata curiosa di sapere cosa fosse al centro delle loro conversazioni. Pur vivendo molto vicino alla villa di Campanile ad Arcioni, non ebbi l’ardire di contattarlo, anche se desideravo farlo. Ricordo di averlo visto varie volte, e immagino i discorsi con Wilcock: politica, colleghi, cinema, teatro, lavori”. Un intreccio che deve far pensare come Velletri sia stata al centro degli interessi culturali dell’epoca, cuore pulsante della letteratura, del cinema e del teatro. Achille Campanile, l’antimilitarista che si rifugiò in campagna, trovò nel centro castellano la sua dimora ideale così come fu per Eduardo De Filippo e tanti altri. Una bella riflessione può partire da questa densità di grandi nomi, che non sono neanche tutti: sintetizzando, la «Velletri adagiata sulle pendici del Monte Artemisio» descritta da Giorgio Bassani, con le sue campagne gentili evocate da Vincenzo Cardarelli, ha attirato e continuerà ad attirare. Perché? Semplicemente perché «In campagna è un’altra cosa. C’è più gusto». Parola di Campanile.