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ultimo aggiornamento 30/06/2020

Orietta Notari, da Shakespeare agli…asparagi: “Cimentarsi con Campanile è un salto di qualità per gli attori”

La nota attrice teatrale nel 2016 ha vinto il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro ANCT

Intervista a cura di Rocco Della Corte



Orietta Notari, attrice professionista, ha recitato in numerosi spettacoli dei maggiori autori della drammaturgia classica quali Shakespeare (Amleto, Re Lear), Moliere (Don Giovanni, Tartufo, Il Borghese gentiluomo), Sofocle (Edipo tiranno), Gozzi (Re Cervo, L’amore delle tre melarance), Racine (Fedra), Ibsen (Spettri, Peer Gynt, Nora alla prova da Casa di Bambola), Miller (Morte di un commesso viaggiatore, Un nemico del popolo), Brecht (Il cerchio di gesso del Caucaso, L’ anima buona del Sezuan, Schweyk nella seconda guerra mondiale), Shiller (Intrigo e amore), Cechov (Ivanov), Pirandello (Così è se vi pare). E in spettacoli di drammaturgia contemporanea da Beckett, Pinter, Fassbinder, Mrozek, Mayenburg, Fosse, Spregelburd. È stata diretta tra gli altri da Besson, Ronconi, Sciaccaluga, Stuhr, Bruni e De Capitani, Arias, Binasco, Dini. Nel 2016 ha vinto il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro ANCT. Tra i suoi ultimi impegni, Achille Campanile, con “Asparagi e immortalità dell’anima”.

Orietta Notari, iniziamo questa intervista dalla sua performance campaniliana di “Asparagi e immortalità dell’anima”. Che cosa le trasmette, da attrice, l’interpretazione di un testo tanto particolare?

È stata un’avventura. Il testo è un capolavoro di scrittura. Ogni frase è perfetta e la logica paradossale che esprime è precisissima. Trovare il filo conduttore non è stato semplice, quindi andare a scoprirlo è stato molto interessante. La scrittura è talmente gustosa che per restituirne la freschezza bisogna studiarla nei minimi particolari e più studi più apprezzi l’autore. È un caleidoscopio di sorprese e continui spiazzamenti, di senso e nonsenso, molto appassionante. Una delle cose che mi hanno colpito è l’apparente semplicità del testo che è invece costruito con una precisione, una logica e una sagacia formidabili, che si trasformano in leggerezza e umana delicatezza. Si sente sempre nel testo una mano tesa verso chi ascolta, la ricerca di una complicità con lo spettatore che porta al sorriso e alla risata.

Nel teatro di Campanile apprezza di più l’elemento del paradosso o quello del surrealismo?

Direi entrambi. Non saprei scegliere. Sono due direzioni che mi affascinano molto e che mi fanno apprezzare Campanile. Sia il paradosso che il surrealismo concorrono a rendere la sua scrittura brillante, divertente e perfetta.

Un attore alle prese con un copione umoristico in che maniera si deve predisporre alla lettura e alla personalizzazione del testo?

Bisogna andare alla ricerca della strada da percorrere per valorizzare la scrittura, il senso e l’umorismo del testo. Quando si ha a che fare poi con un grande autore, come in questo caso, non resta che prepararsi e poi lasciarsi condurre.

Dalle “Tragedie in due battute” a “Il povero Piero”, Achille Campanile autore teatrale e narratore. Dove è più fulminante con il suo consueto stile?

Anche in questo caso è come scegliere tra due perle di grande valore. Io, da attrice, amo molto le “Tragedie in due battute”, le trovo geniali. L’alchimia perfetta tra il contenuto e l’efficacia della sintesi, raccontate a una platea.

Ci racconta il suo primo incontro con le pagine campaniliane?

Ho incontrato Campanile alla Scuola di Recitazione del teatro Stabile di Genova. Ce lo fece conoscere la nostra insegnante Anna Laura Messeri. Abbiamo lavorato molto sui suoi testi, tra i quali Visita di condoglianze e Centocinquanta la gallina canta. È stata un’esperienza molto importante. Cimentarsi con le sue opere umoristiche e surreali è stato un salto di qualità nel nostro percorso di attori.

Sulla sua esperienza personale nel mondo del teatro e del cinema, il ricordo più bello tra i tanti?

Per me il ricordo più bello degli spettacoli che più ho amato è sempre il primo passo in scena. L’incontro con il pubblico. L’ascolto del pubblico.

Qual è sogno nel cassetto di Orietta Notari?

Ho un sogno nel cassetto del quale non riesco ancora a parlare perché sto cercando le persone giuste. Concepisco il mio lavoro come un’arte collettiva e quindi sto cercando compagni di cammino con i quali condividere e costruire insieme un percorso creativo.

Concludiamo l’intervista con una consuetudine: far commentare una frase di Campanile all’intervistato e chiedendo cosa fa venire in mente, cosa suscita e come si spiegherebbe la citazione davanti ad una platea. Quella scelta per lei è: “Alcuni scrittori, per scrivere, hanno bisogno della vena. Altri, dell'avena”. Buona fortuna…
Grazie! La frase è molto arguta. Ed esilarante. Certo, spiegarla è impossibile. La sua brevità ed eleganza la spiegano da sole. La racconterei così: ci sono scrittori di valore che mettono nella scrittura la loro anima e altri che, come asini, si dilettano nello scrivere stupidaggini in attesa dell’ora di pranzo. Con tutto il rispetto per gli asinelli che sono animali che amo molto.
 

Intervista esclusiva a cura di Rocco Della Corte – Responsabile Ufficio Stampa e Comitato Scientifico “Campaniliana” – Rassegna Nazionale di Teatro & Letteratura – www.campaniliana.it. Si ringrazia Orietta Notari per la disponibilità e la gentilezza.