Massimo Wertmuller: “Campanile potentissimo nel sorprendere”
Il racconto preferito dell'attore di cinema, tv e teatro è
Intervista a cura di Rocco Della Corte
Massimo Wertmuller ha un suo racconto preferito tra quelli di Achille Campanile: si tratta di “Papirio”, il senatore che rimane seduto di fronte all’avanzata degli invasori. Scambiato spesso per una statua, non si lascia turbare dalle offensive nemiche e se qualcuno lo infastidisce non esita nell’accopparlo con il fascio littorio. Questa splendida narrazione contenuta in “Vite degli uomini illustri” è ricca di significato, così come significative sono le dichiarazioni dell’attore romano, con una lunghissima carriera alle spalle fra cinema, televisione e teatro.
Massimo Wertmuller, la sua carriera inizia con gli studi presso il Laboratorio di Gigi Proietti e poi con un gruppo comico, “La Zavorra”. L’umorismo è sempre stato presente nel suo DNA?
Non so quanto l’umorismo sia stato presente in me, ma so che a casa mia circolava sempre il pensiero, la massima, secondo cui l’ironia avrebbe sempre salvato il mondo, e che comunque è una buona medicina per la vita quotidiana di tutti. Certo, non è facile questa operazione, anche perché la vita sembra spesso più un cantiere edile che non una occasione di felicità, ma quando ci riesci ne puoi solo godere i benefici. Poi, quando con “La Zavorra” mi sono dovuto confrontare per lavoro con il linguaggio, lo stilema, dello sketch, una operazione per niente scontata, ho provato un grande divertimento, un grande stimolo. Fu molto interessante
Un Maestro come Achille Campanile ha completamente rivoluzionato il teatro e la letteratura affermando tramite i suoi scritti con forza un genere, quello umoristico. Quali sono le opere di Campanile che più l’hanno colpita?
Mi hanno colpito maggiormente le “Vite degli uomini illustri”, il racconto di Papirio su tutti, e le “Tragedie in due battute”. Forse perché attratto dalla comicità fulminante, sorprendente, vedi l’esperienza degli sketch di cui sopra, che è così presente in quegli scritti. Io poi ho sempre pensato che il grande scrittore, non solo comico, fosse quello che ti propone un nuovo punto di vista, rispetto a quello che tu hai sempre usato, magari per qualcosa che ti è sempre stata accanto. Un nuovo sguardo. Un nuovo modo di vederlo e definirlo. Più efficace, più vero del tuo. In questo, nel sorprendere, Campanile era potentissimo.
Nel cinema mettere in scena l’umorismo e l’ironia è un procedimento molto diverso rispetto al teatro? Più semplice o più complesso?
Beh affrontare la recitazione, per esempio, comica o no, su un set vuol dire avvalersi quasi solo degli occhi. È più difficile. Soprattutto se parliamo di comico. Il campo d’azione è più limitato, e proprio per questo molto affascinante. A teatro invece puoi esprimerti in modo diverso. A teatro può vivere per esempio una clownerie fatta di mimica e corpo che al cinema non è detto funzionerebbe… Jacques Tati e Totò a parte.
Campanile distingueva il comico e l’umoristico, dicendo che il primo è oggettivo e il secondo è soggettivo. Come giudica questa distinzione?
Interessante osservazione. Forse intendeva dire che non può esistere comicità senza misure esatte, senza pause definite, senza matematica. Mentre l’umorismo attiene ai propri personali gusti, e al proprio modo di ridere. Il comico forse è sempre più tecnico, elaborato, dell’umorismo che, anche come concetto, è meno recintato, è più vasto.
Entriamo un attimo nell’album dei ricordi. Qual è l’emozione che si prova all’esordio sul set?
All’esordio l’emozione, e direi la gioia di poter fare quello che hai sempre sognato di fare, viene speziata dalla paura di sbagliare, direttamente proporzionale a quella gioia. Io, poi, che mi sono sempre considerato, fin da bambino, come un bluff che qualcuno prima o poi viene a scoprire…roba da psicanalista bravo…
Quali sono le preoccupazioni e gli accorgimenti che un attore come lei vive quando deve interpretare un personaggio umoristico?
Credo che il segreto per interpretare tutti i personaggi, ma soprattutto comici, sia quello di allontanarsi da se’ stesso. Guardarsi da fuori. Osservare come a volo di elicottero. Tenere sempre attiva la modalità “per tutti”. Perché sennò il rischio è quello di ridersi addosso, come purtroppo vedi che accade spesso. Poi, è chiaro, chi è in possesso di un talento maggiore, se non quando di una genialità, è avvantaggiato, ma parliamo di madre natura. Allora il lavoro di studio unito a quello dello sberleffo, della mancanza di riguardo, da’ sempre i suoi frutti….
Concludiamo l’intervista con una “Tragedia in due battute”. “Il microbo: Papà, quando sarò grande mi regali un orologio? – Il padre del microbo: Sciocchino, tu non sarai mai grande”. Come la immagina in un contesto teatrale e cosa le suscita la scrittura?
Quando porti in scena un testo sei costretto a trovare la chiave per farlo. E non è affatto cosa semplice. Devi trovare modi, interpretazioni, colori, intenzioni giuste per poter cogliere, più al centro possibile, lo stile che aveva in mente l’autore quando ha scritto quelle parole. Per poter cogliere il suo pensiero. E forse si può anche dire che il nostro amato Campanile è tra i più difficili da decifrare. Questo perché è così efficace, sorprendente, divertente sulla pagina che è molto difficile riproporre quell’efficacia in scena. Ma quando ci riesci offri uno dei più grandi geni della sorpresa, della battuta fulminante, del divertimento, che siano mai esistiti.
Intervista esclusiva a cura di Rocco Della Corte – Responsabile Ufficio Stampa e Comitato Scientifico “Campaniliana” – Rassegna Nazionale di Teatro & Letteratura – www.campaniliana.it. Si ringrazia Massimo Wertmuller per la disponibilità e la gentilezza.