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ultimo aggiornamento 18/06/2020

Musica, cinema e le mille sfumature di un’artista. Intervista a Margherita Vicario: “Quando ho letto Campanile ho pensato che non me lo sarei più scordato”

La cantautrice e attrice romana su ironia, umorismo, teatro e musica

Intervista a cura di Rocco Della Corte



Margherita Vicario
Achille Campanile è un autore che mette tutti d’accordo e incontrarlo in Accademia spesso equivale ad una folgorazione. È stato così anche per Margherita Vicario, una delle più belle voci del panorama musicale italiano ma anche una nota attrice laureatasi proprio nell’Accademia Europea di Arte Drammatica di Roma. Artista poliedrica, cantautrice e interprete del teatro-canzone, ha lavorato con Fausto Brizzi, Antonio Manzini e Woody Allen al cinema e preso parte a diverse fiction (“I Cesaroni”, “La ladra”, “Nero a metà” per citarne alcune) ed è attivissima nel campo musicale con ben tre singoli già lanciati nel 2020 (“Pincio”, “Giubbottino” e la cover “Is this love”). Chissà che in futuro, a teatro, non possa trovarsi direttamente a contatto con un testo di Campanile…

Margherita Vicario, lei è un’artista a trecentosessanta gradi, dalla musica alla recitazione. Sono due forme di espressione artistica molto diverse, la bilancia pende da una delle due parti oppure sono l’una il completamento dell’altra?

E’ vero, sono due forme espressive molto diverse, in una sono solo strumento, mezzo, interprete, dell’altra sono invece il motore, la mente. A me piace recitare proprio per essere al servizio di un autore e affidarmi alle mani di un regista, mentre quando scrivo e canto sono regista di me stessa e totalmente responsabile delle mie parole. Non sono due discipline complementari, ma in me convivono e quindi tendo a scrivere musica in forma teatrale.

Durante l’Accademia ha avuto modo di approfondire Achille Campanile? Quale opera l’ha colpita maggiormente di questo scrittore e perché?

Sicuramente la più famosa: “Tragedie in Due Battute”. In Accademia si studiano diversi autori, e bisognerebbe leggere, leggere e leggere opere su opere, perché i drammaturghi vanno letti. Mi ricordo che l’apparizione di Campanile fu folgorante. Ho pensato: “non me lo scorderò mai più!”. Non lo conoscevo, ma di certo da adesso non lo dimenticherò…

Oggi c’è un bisogno maggiore, anche per fare una canzone di denuncia oppure per lanciare un messaggio impegnato tramite un film, di ricorrere all’ironia e all’umorismo?

Sicuramente l’ironia e l’umorismo sono sempre stati un efficacissimo modo per lanciare messaggi importanti, o almeno quello a me più gradito. In questo noi italiani siamo grandi maestri, troviamo il lato leggero e poetico, dolce e disarmante anche nelle situazioni più tragiche. Penso che la nostra società abbia bisogno di prendersi meno sul serio, ma di fare le cose più seriamente, per quello sì, prediligo canzoni impegnate sotto forma di musica leggera.

Ha anche unito i suoi grandi talenti in un genere come il teatro-canzone: come si sviluppa questa forma, e quali innovazioni ci ha messo nel portarla in scena?

Il teatro canzone è libertà allo stato puro: tu hai delle canzoni, nel mio caso molto recitabili, con diversi personaggi, intorno alle quali puoi costruire monologhi e interazione col pubblico andando a canovaccio ed è bellissimo perché c’è una parte di libertà, che è l’hic et nunc proprio dell’espressione teatrale, intervallata da delle canzoni che invece si ripetono sempre uguali e ti fanno avanzare nel racconto. Forse l’innovazione che ho apportato è che ho considerato il mio spettacolo di teatro canzone un “one girl minimal musical”, cioè un musical fatto da una sola ragazza che fa diversi personaggi e lascia totale libertà alla propria fantasia.

In che modo, secondo lei, i maestri del teatro classico come Achille Campanile possano rappresentare un faro nell’attualità dello spettacolo odierno, che sia teatro o cinema?

I grandi autori sono sempre un faro, bisognerebbe diffonderli di più. A partire dalle scuole, ma anche in maniera trasversale dovrebbero essere inseriti nell’intrattenimento quotidiano, bisognerebbe accendere la radio e sentire grandi citazioni, piccoli giochi di parole, tenere allenata la fantasia delle persone, perché in tutti c’è un minuscolo Michael Jordan che palleggia con le parole e che si divertirebbe a fare ginnastica col suo cervello, anche nei più abbrutiti, nei più esausti, nei più stanchi. Campanile è spiazzante e da un certo punto di vista facilissimo, quindi accessibilissimo, ma nello stesso tempo profondo e capace di creare delle domande, o almeno aprire dei varchi.

Come filo conduttore delle interviste, spesso chiediamo all’artista di commentare un passo di Campanile per scoprire cosa fa venire in mente, quello che suscita e come lo spiegherebbe ad una platea. Per lei abbiamo scelto la tragedia in due battute del signore socievole: IL SIGNORE SOCIEVOLE fa per presentarsi, con la mano tesa: Permette? IL SIGNORE POCO SOCIEVOLE. No. Sipario. Cosa direbbe a seguito di questa spiazzante scenetta?

(Ride, ndR) Questo scambio riassume perfettamente il potenziale comico della crudele realtà! La brevità dell’opera permette al lettore di far partire l’immaginazione per speculazioni divaganti sul significato, ma allo stesso tempo ti racconta che non c’è molto da spiegare. Le cose semplici sono le più complesse, ma un conto è la realtà. Un conto è l’arte: entra in gioco qui la scelta dell’artista, dell’autore, di usare quelle parole. E’ quella scelta artistica, quell’uso striminzito di quelle precise parole che fa partire il dibattito. Insomma ad un artista basta poco per dire tanto!
 

Intervista esclusiva a cura di Rocco Della Corte – Responsabile Ufficio Stampa e Comitato Scientifico “Campaniliana” – Rassegna Nazionale di Teatro & Letteratura – www.campaniliana.it (Fondazione di Partecipazione Arte & Cultura Città di Velletri). Si ringrazia Margherita Vicario per la disponibilità e la gentilezza.